Chris Columbus, regista noto per aver diretto le prime due pellicole della saga cinematografica di Harry Potter, ha rilasciato una lunga intervista a Variety in occasione del ventennale de La Pieta Filosofale, che cade proprio nel mese di novembre, racontando vari aneddoti legati al periodo in cui ha girato i suoi film.
Il regista ha esordito raccontando le aspettative e la pressione che ruotavano attorno al progetto di Harry Potter visto l’enorme successo ottenuto dai romanzi:
Mi aspettavo di essere licenziato entro le prime due settimane. Non voglio dire che fossi ansioso, ma ero consapevole che se avessi mandato tutto all’aria, probabilmente non avrei più lavorato. E avrei avuto milioni di fan infuriati sotto casa mia. Sapevo di avere in mano qualosa di gigantesco, e non avevo mai lavorato ad un progetto del genere. Naturalmente la Rowling aveva l’ultima parola, quindi andai in Scozia per incontrarla e parlammo per quasi tre ore spiegandole la mia visione del film. Non parlò molto fino a quando non terminai il mio discorso e a quel punto mi disse ‘Il film me lo immagino nello stesso identico modo’. A quel punto sentivo un misto di euforia e di panico, perché avrei dovuto fare un film che piacesse non solo ai fan di tutto il mondo ma anche a me stesso.
Columbus ha proseguito raccontando nel dettaglio l’incontro con J. K. Rowling, quando le presentò l’idea iniziale per Harry Potter e la Pietra Filosofale:
Discutemmo degli aspetti visivi del film, delle scenografie, del design delle creature. Le spiegai come mi immaginavo visivamente i vari elementi, e mi sentivo di essere in sintonia con lei. La Rowling aveva incontrato anche altri registi prima di me, e c’erano state alcune idee per unire i primi due romanzi in un unico film. Addirittura qualcuno avrebbe voluto aggiungere alcune cheerleader alla partita di Quidditch. Queste erano tutte cose che non erano di suo gusto. Inoltre, ci tenevo ad avere un cast interamente britannico, e probabilmente per lei questo era un altro elemento importantissimo.
Ha poi spiegato qual è stata la scena più difficile da girare e quella che preferisce:
In realtà erano tutte difficili. La prima che mi viene in mente è la sequenza della partita di Quidditch poiché ci fu un elevato impiego del green screen. I ragazzi non avevano nessun punto di riferimento, non avevano nessun oggetto fisico con cui interagire. A volte diventavo una sorta di “quarto attore” in scena in modo che loro avessero qualcuno con cui interagire ed esprimersi al meglio. Nella scena della partita a scacchi i ragazzi sono stati molto bravi, aiutati dal fatto che avevamo costruito tutto fisicamente. Abbiamo usato pochissimi effeti digitali, addirittura le esplosioni erano vere. Anche per me è stata una bella sfida: a volte dovevo far finta di essere Voldemort dietro la testa del Professor Raptor o immedesimarmi nel Basilisco per quanto riguarda Harry Potter e La Camera dei Segreti, in modo che i protagonisti avessero qualcosa di tangibile da guardare e un punto di riferimento.
La mia scena preferita del film è alla fine quando ripartono con il treno verso casa. Mentre giravamo c’è stato un momento in cui Dan guarda Hogwarts ed Hermione fa notare quanto sia strano tornare a casa ma Harry esclama “Quella non è casa mia…non proprio”. Ricordo di aver guardato il produttore David Heyman e avevamo entrambi le lacrime agli occhi. Era stato fantastico.
Il regista ha poi espresso il suo entusiasmo per l’opportunità di lavorare con soli attori inglesi e ha raccontato un paio di aneddoti legati a Robbie Coltrane (Hagrid) e Alan Rickman (Piton):
Ho avuto la fortuna di lavorare con probabilmente il più grande cast inglese di sempre: Alan Rickman, Robbie Coltrane, Richard Harris, Maggie Smith. Si sono immedesimati subito nei loro personaggi perché tutti avevano letto i libri. Quando lavori con attori britannici c’è un clima di serietà e professionalità. Ad esempio la famosa frase di Hagrid “Tu sei un mago, Harry” siamo riusciti a farla al primo ciak, poi ne ho fatti altri due per sicurezza, ma Robbie Coltrane conosceva già a fondo il personaggio di Hagrid.
Oppure Alan Rickman aveva ricevuto qualche suggerimento e indizio sul suo personaggio, aveva cenato con Jo Rowling e lei gli aveva spiegato come sarebbe evoluto il personaggio di Piton. Sapeva come entrare nei panni del personaggio fin dalla prima scena perché sapeva come sarebbe andata a finire. Pregai Alan di rivelarmi qualcosa su Piton ma lui mi disse semplicemente ‘Fidati di me’. Lui sapeva più dettagli di me e di Steve Kloves [lo sceneggiatore], ed era perfetto nei panni di Piton.
Infine, Chris Columbus ha parlato del processo creativo spiegando come sono arrivati a dare il giusto tono alla pellicola e a decidere la durata corretta:
La verità è che anche nei film per bambini cerchi di inserire un tono leggermente più adulto, perché poi è più facile correggere il tiro e tornare indietro. Con i film di Harry Potter ho provato a realizzare delle pellicole che andassero bene sia per i bambini che per gli adulti. Abbiamo avuto tante proiezioni private di prova, che sono molto utili per capire in che direzione sta andando il film. All’epoca erano stati pubblicati soltanto tre libri della saga, ma la Rowling ci spiegò che la serie sarebbe andata verso toni leggermente più cupi. Sapevamo che il primo film non fosse particolarmente dark, ma già con La Camera dei Segreti la palette di colori è leggermente più scura.
Per i test screening ci dirigevamo a Chicago, e in uno dei primi la durata del film era di ben 3 ore. Gli adulti dissero che il film era troppo lungo mentre i bambini affermavano che fosse troppo breve invece. Mi continuavano a chiedere dove fossero determinate scene.
Infine, come vi abbiamo riportato in un recente articolo, Chris Columbus ha dichiarato che dirigerebbe volentieri un adattamento cinematografico dell’opera teatrale The Cursed Child.
E voi come festeggerete i 20 anni dall’uscita del primo film della saga?