Recensione: La Via del Male, il nuovo libro di J.K. Rowling sotto pseudonimo

Un misterioso pacco viene consegnato a Robin Ellacott da un fattorino, al suo interno giace la gamba amputata di una donna.

Questo macabro avvenimento dà inizio al terzo capitolo delle avventure dell’investigatore Cormoran Strike. “La via del male” segue la strada già battuta dal precedente capitolo, ovvero di rendere gli avvenimenti più crudi e le descrizioni più asciutte rispetto all’inizio della serie. Riesce però,  grazie all’abilità di J.K. Rowling, celata sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith, ad esplorare nuovi scenari e nuove situazioni usando una matrice che il lettore già conosce e con il quale ha familiarizzato ne “Il baco da seta”, ampliandone la struttura e rallentando la successione degli avvenimenti.

Senza dubbio questo terzo romanzo è il più importante della serie per la profonda analisi comportamentale attuata sul personaggio di Robin, del quale scopriamo avvenimenti passati che hanno avuto su di lei un grande impatto emotivo e le implicazioni che hanno avuto sul rapporto con la madre Linda e il fidanzato e futuro marito Matthew.

Lo stesso spazio è dedicato al personaggio di Strike, del quale scopriamo qualcosa di più sul suo passato militare e del rapporto psicologico rispetto alla sfrenata vita sessuale della madre. Nonostante ciò la vera protagonista della storia rimane Robin Ellacott.

La trama investigativa ruota attorno al perverso pacco ricevuto dalla socia di Strike all’inizio della vicenda. La gamba amputata scatenerà un’indagine parallela tra Cormoran, Robin e New Scotland Yard, dove aleggia ancora il senso di sconfitta mediatica che la polizia ha dovuto subire in seguito ai successi precedenti dell’investigatore privato, che non solo hanno messo in ombra le forze armate, ma hanno gettato un senso di negligenza, se non addirittura di stupidità, su alcuni ispettori da parte dell’opinione pubblica.

I sospetti si infiltreranno nelle vite private dei protagonisti, rafforzandone il rapporto, la conoscenza e il rispetto reciproco, ma creeranno anche conflitti che sfoceranno in azioni indipendenti e violente che scalderanno, non sempre nel modo migliore, gli animi dei personaggi.

Galbraith varia sapientemente tra il punto di vista di Robin, quello di Cormoran e persino quello dell’assassino, dandoci indizi per la soluzione che nasconde abilmente sotto il nostro naso, dando così un’impronta corale al racconto e aumentando l’empatia del lettore verso le caratterizzazioni dei protagonisti.

Forse la soluzione del caso e la conclusione del libro sono troppo sbrigative, soprattutto se pensiamo che fino a tre capitoli dalla fine brancoliamo in un buio affollato di omicidi e aggressioni dei vicoli londinesi senza aver cavato un ragno dal buco e con decine di possibili finali per la mente. Lo sprint finale riesce a dare una risposta convincente a tutti gli avvenimenti però in modo estremamente sintetico rispetto al resto del romanzo.

Tutto sommato “La via del male” resta comunque un ottimo esempio di letteratura gialla e, a mio avviso, il migliore dei tre romanzi finora dedicati alla coppia Strike-Ellacott.