Harry Potter and the Cursed Child, la recensione dell’ottava storia

A cura di Alessandro Carnevale

L’attesa è finalmente giunta al termine. Harry Potter and Cursed Child è approdato sul palcoscenico del Palace Theatre di Londra, portandosi dietro migliaia di appassionati da ogni parte del globo. L’ottava avventura del mago che tanto ci ha fatto affezionare ha alla base una storia originale di Jack Thorne (anche autore della sceneggiatura), John Tiffany (anche regista dell’opera) e J.K Rowling.

Lo spettacolo è suddiviso in due parti da circa 160 minuti l’una (intervallo incluso). La trama è top secret e agli spettatori viene chiesto di promettere di non divulgarla, promessa che manterrò.

Posso però liberamente affermare che raramente uno spettacolo è stato tanto curato nella forma. La scelta di optare per una scenografia minimalista permette a chi osserva di creare i dettagli attingendo direttamente alla propria fantasia e al proprio immaginario. Ciò che più è stato sorprendente è l’uso dell’illuminotecnica. Le luci sono precise al millimetro e creano forme e effetti stroboscopici ai quali si stenta a credere: forse c’è veramente un po’ di magia dietro le quinte.

Il cast regge alla perfezione il peso dei personaggi. Jamie Parker è un ottimo Harry Potter, credibile e affaticato dalle avventure passate. Ron e Hermione (Paul Thornley e Noma Dumezweni) sono come li ricordiamo, almeno caratterialmente, anche se naturalmente bisogna abituarsi agli attori che danno loro nuovi volti. Sorprende la caratterizzazione data a Draco Malfoy (Alex Price) e ai nuovi arrivati Albus Severus Potter e Scorpius Malfoy (rispettivamente interpretati da Sam Clemmett e Anthony Boyle), complessi, ma anche molto godibili.

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Purtroppo come ogni spettacolo ha anch’esso dei difetti che si sarebbero potuti evitare. La trama in alcuni punti, specialmente nella prima parte e nel primo atto della seconda, sembra arrancare un po’ forzatamente per poi ripartire, come se le due scene (entrambe scritte ottimamente) fossero state pensate separatamente e unite in un secondo momento. Il collegamento risulta però debole.

Il primo atto della prima parte è molto frenetico e troppe informazioni nuove vengono catapultate sullo spettatore ignaro che deve assimilare il tutto in “pochi” minuti. Una sensazione simile l’avevo provata alla prima visione di “Moulin Rouge!” di Baz Luhrmann, dove una moltitudine di eventi rincorrono l’arrivo di Christian (Ewan McGregor) a Parigi e in pochi attimi ci si ritrova tra fatine volanti e scrittori falliti.

Ma forse il difetto, a mio avviso, più grande è il totale distacco netto dalle avventure precedenti che ben conosciamo. Questo purtroppo rende i fan “non lettori” leggermente spaesati, anche se concede e giustifica la mancanza delle iconiche musiche di John Williams e Alexandre Desplat.

Certamente tutto ciò è nulla rispetto alla bellezza restante. Lo spettatore, e il fan, si trova nuovamente in un mondo carico di magia e abitato da personaggi che lo accompagnano da davvero molto tempo. Ci sono molte vecchie conoscenze che fanno una veloce comparsa e alcune che ricoprono dei ruoli più importanti. Il finale riesce a commuovere senza esagerare e porta l’esperienza ad un livello successivo.

Ad ogni modo Harry Potter and the Cursed Child è una maestosa opera teatrale che ogni fan avrebbe il diritto di vivere al meglio.

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